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   Plasmaferesi

La plasmaferesi è la donazione del solo plasma mediante procedimento di separazione o di filtrazione che avviene durante la stessa seduta di prelievo con immediata restituzione della parte corpuscolata (globuli e piastrine) al donatore. Si possono prelevare fino a 650 ml di plasma per singola donazione e, se inseriti in un programma di plasmaferesi continuativa si può effettuare una seduta ogni 14 giorni. I requisiti di idoneità dei donatori di plasma sono uguali a quelli della donazione di sangue intero, anche se la plasmaferesi in realtà rappresenta una pratica globalmente più tollerata e più facilmente effettuabile da tutte quelle persone che, come per esempio le donne in età fertile, hanno valori di emoglobina e numero di globuli rossi ai limiti inferiori alla norma, proprio perché queste componenti vengono restituite al donatore durante la stessa seduta, che dura poco più di mezz’ora.

Il plasma raccolto viene immediatamente congelato e potrà essere conservato fino a 12 mesi. Da esso verranno estratte mediante frazionamento industriale albumina, immunoglobuline e fattori della coagulazione.

 

   Citoferesi

La tipologia di citoaferesi più frequente è la piastrinoaferesi che permette il prelievo delle sole piastrine. Oltre ai requisiti necessari alla donazione di sangue intero, il donatore di piastrine dovrà avere un normale assetto emocoagulativo.

Può essere effettuata con metodica di centrifugazione mediante alcuni cicli durante i quali l’apparecchiatura utilizzata separa la parte corpuscolata del sangue dal plasma; quest’ultimo viene raccolto in una sacca satellite in attesa di essere restituito al donatore. Dalla parte corpuscolata vengono estratte automaticamente a circuito chiuso, senza possibilità di contaminazione, le piastrine che si raccolgono in una apposita sacca.

Il ciclo si conclude con la reinfusione al donatore del plasma dei globuli rossi e dei globuli bianchi. A questo punto inizia il nuovo ciclo, fino al raggiungimento della quota desiderata di piastrine. Non si possono eseguire di norma più di 6 piastrinoaferesi l’anno. Tutto il procedimento dura circa un’ora e mezza. Le piastrine raccolte verranno utilizzate entro 5 giorni dal prelievo per la terapia di alcune gravi malattie come per esempio le leucemie, per i pazienti oncologici in chemioterapia e come supporto fondamentale nei trapianti di midollo osseo.

 

   Autotrasfusione

L’autotrasfusione è una procedura trasfusionale che si realizza mediante predeposito, recupero perioperatorio, emodiluizione. Il più utilizzato è il predeposito, tecnica che consiste nel prelevare il sangue da un donatore che sarà anche lo stesso ricevente, allo scopo di compensare le perdite ematiche che si possono verificare nel corso di interventi chirurgici programmati. In questa situazione si provvede al prelievo di unità di sangue dal paziente, in fasi successive, fino a raggiungere la quantità prevedibilmente necessaria, alcuni giorni prima dell’intervento in modo da consentirne l’eventuale utilizzo. Il sangue così ottenuto viene conservato secondo le metodiche tradizionali e quindi restituito, in caso di necessità, durante l’operazione. I principali vantaggi dell’autotrasfusione consistono nell’eliminazione delle reazioni di incompatibilità e del rischio di trasmissione di malattie infettive; nella riduzione del rischio di immunizzazione da antigeni diversi, con possibili manifestazioni a distanza; nel considerevole risparmio di sangue che è possibile conseguire, soprattutto per quanto riguarda i gruppi più rari.

 

   Sangue Artificiale

Ad oggi non esiste un sostituto del sangue. La ricerca è impegnata già dagli anni cinquanta nello studio di modelli di sangue artificiale, ma i tentativi di trovare un sostituto continuano a essere caratterizzati da scarso successo. Sono presenti sul mercato, o stanno per esservi introdotti, alcuni composti in grado di adempiere solo ad alcune funzioni del sangue naturale.

Questo perché un sostituto del sangue deve essere in grado di soddisfare contemporaneamente alcuni requisiti fondamentali. Infatti deve essere privo di tossicità, sterile e facilmente trasportabile, non deve scatenare una risposta immunitaria, e deve essere in grado di sostituire tutti i tipi di sangue. Tale sostanza deve anche rimanere in circolo fino a quando l’organismo abbia ripristinato il proprio sangue, e successivamente poter essere escreta senza causare alcun effetto collaterale. Poiché la conservazione è molto difficile e dispendiosa – il sangue va mantenuto alla temperatura di 4 gradi Celsius e, ciò nonostante, rimane fresco al massimo per 42 giorni – un buon sostituto deve potersi mantenere a lungo.

Avis ritiene quindi che sia alquanto prematuro parlare di fabbriche del sangue, anche per quanto concerne le cellule staminali, isolate per la prima volta di recente. La scoperta che apre la strada a numerose prospettive terapeutiche, tra le quali anche quella di sviluppare metodologie per produrre in laboratorio le cellule del sangue ad uso trasfusionale, è solo agli inizi e prima che tutto questo si concretizzi passeranno ancora diversi anni.

La principale preoccupazione di Avis è che l’eccessiva enfasi con la quale vengono divulgate queste notizie, tenda a disincentivare i numerosi donatori a svolgere la loro fondamentale opera di volontariato che permette di salvare ogni anno tante vite umane.

A causa del volume di sostanza che dovrebbe essere somministrata a ciascun paziente, i ricercatori devono inoltre considerare problemi di sicurezza peculiari legati alle dosi; la maggior parte dei farmaci è infatti somministrata in milligrammi, mentre i sostituti del sangue a base di emoglobina verrebbero forniti in dosaggi variabili da 50 a 100 grammi. Ciò è dovuto al fatto che i sostituti ematici sono anche utilizzati per ripristinare il volume di sangue circolante, oltre che per la loro proprietà di trasportare ossigeno.

Inoltre, non sono noti gli effetti a lungo termine di tali composti. Quelli in sperimentazione hanno mostrato tossicità nel breve periodo, causando ipertensione, blocco renale con danneggiamento dell’organo, tachicardia e dolori gastrointestinali. Poiché la maggior parte dei sostituti ematici verrebbe somministrata in situazioni di emergenza, sarà necessario dimostrare che i benefici immediati superino i rischi a lungo termine e quelli legati a un uso prolungato.

Ciascun tipo di sostituto del sangue presenta anche difficoltà intrinseche. I composti a base di perfluorocarburi devono fare i conti con problemi di ritenzione, di tossicità, con un breve tempo di permanenza in circolo e con i rischi associati a un eccessivo rilascio di ossigeno. I derivati da sangue umano hanno l’inconveniente del reperimento del materiale di partenza.

L’emoglobina ricombinante ottenuta con metodi di ingegneria genetica dovrà essere prodotta in quantitativi enormi per soddisfare solamente il 10 per cento del fabbisogno degli Stati Uniti; tale produzione richiede strutture grandi e costose. Infine, i sostituti di derivazione bovina comportano il rischio di trasmettere encefalopatia spongiforme e forse anche altre malattie. I produttori possono evitare di ricorrere ai bovini alimentati con i sottoprodotti di origine animale, accusati di propagare la "malattia della mucca pazza", ma devono garantire che non siano presenti altri agenti infettivi e che non si verifichi una risposta immunitaria negativa in coloro che ricevono un prodotto derivato da animali.

Leggermente diverso è il discorso per i derivati del plasma. Infatti al momento attuale l’ingegneria genetica consente di ottenere alcuni fattori della coagulazione di origine sintetica. In particolare sono stati ottenuti il Fattore VIII, il fattore di von Willebrand, il Fattore IX e il Fattore VII attivato. A fronte di un teorico vantaggio, in termini di riduzione dei possibili rischi di origine infettivologica, si contrappongono alcuni problemi, quali l’elevato costo, l’attuale disponibilità limitata e, a quanto riportato in alcuni studi, una aumentata incidenza di inibitori del Fattore VIII superiore rispetto a quella rilevata nei pazienti trattati con quelli plasmaderivati.

 

   Cellule Staminali

Le cellule staminali(*) emopoietiche sono in grado di dare origine alle cellule mature del sangue: globuli bianchi (o leucociti), globuli rossi (o eritrociti) e piastrine.

In altre parole le cellule staminali rappresentano le cellule progenitrici di tutti questi elementi che maturano e proliferano nel midollo osseo e si riversano nel sangue periferico quando sono in grado di svolgere completamente la loro funzione. Le cellule staminali possiedono particolari proteine sulla loro membrana che le rendono riconoscibili; una di queste proteine è l’antigene CD 34. Con sistemi immunologici, che sfruttano la capacità di alcuni anticorpi di riconoscere l’antigene CD 34, è possibile isolare e concentrare le cellule staminali. Esistono ormoni e "fattori di crescita" che sono in grado di indirizzare una cellula staminale verso uno specifico prodotto finito: per esempio l’eritropoietina stimola fortemente la differenziazione verso la formazione dei globuli rossi.

Tale fenomeno è ben riproducibile in laboratorio: cellule progenitrici incubate con una miscela di fattori di crescita ed eritropoietina in un breve tempo acquisiscono la capacità di sintetizzare emoglobina, la principale proteina di trasporto dell’ossigeno, e quando questo accade, gruppi di cellule assumono colorazione rossastra.

Una sfida per il futuro è ottenere in larga scala il maggior numero possibile di eritrociti attraverso procedimenti "di espansione" delle cellule staminali fino al raggiungimento di un prodotto utile al fine della trasfusione.

Al momento, tuttavia, tale tecnologia non è disponibile e non lo sarà certamente in un prossimo futuro; di conseguenza l’atto della donazione di sangue intero, dal cui frazionamento si ottengono anche altri preziosi elementi come le piastrine e il plasma, è destinata a rimanere ancora a lungo insostituibile.

 
 

(*) Testo elaborato dalla dottoressa Enrica Morra, primario divisione ematologia dell’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda di Milano in collaborazione con il dottor Roberto Cairoli, dirigente medico del Centro Trapianto di Midollo della stessa struttura.