... curiosità popolari                                         Cava Manara
 
 

Proverbi e Modi di dire

Il popolo, forgiandosi quelle particolari locuzioni espresse m forma sintetica, vibrata, spesso giovandosi di assonanze e di rima, che passano sotto il nome ,di proverbi, è venuto a crearsi una raccolta di utili insegnamenti per tutti i casi della vita. Attraverso una esperienza che si perde nella notte dei tempi, per ogni contingenza il proverbio ha fissato una norma; ma specialmente in campagna, il ciclo delle stagioni, la meteorologia, la stessa economia rurale, hanno inspirato la nostra gente che ha dato vita ad una copiosa raccolta di detti popolari, base perenne per tutti i Vesta Verda ed i Pescatori che l'arte della stampa ci ha più tardi regalato. Anche il proverbio è folclore, e per questo crediamo, interessante raccogliere i più caratteristici detti in uso fra noi, sia di carattere locale che con significato generale, come, ad esempio, quelli meteorologici.
Un primo esempio di proverbi lo troviamo fra alcune prove di penna lasciateci, fino dal 1400, da alcuni sconosciuti annotatori in un codice pergamenaceo dell'epoca (Statuta mercatores civitatis Papiae. Carta 71. Presso la Camera di Commercio di Pavia); sono pochi ma espressivi e, quel che più conta originali.

«Chi vive di speranza fa la fresca danza»

«Non ventura chi non sa fatica»

«O fortuna, de ogni povertade inimica»

«Chi ben pensa raro falla»

Altri proverbi abbiamo veduti in un registro di spese ed entrate famigliari (1 nov. 1568-1577) dove lo storico pavese Bernardo Sacco si compiaceva di annotare pure spunti di cronaca cittadina, commentando con massime o proverbi , tali sue note:

«Quando il pesce abbonda il grano affonda »

E per Febbraio:

«Alla Candelora dell'inverno non siamo fora;
Sel fa bon tempo gli siamo dentro;
Sel piove o fioca l'invernata sarà pocca»

e ancora:

«Carnevale colmo de crapulare»

per il Marzo, giorno 21:

«Quando piove all'equinochio il seminato perde un ochio»

Confessiamo di non aver saputo trovare una spiegazione a questa sorta di proverbio!

Un altro proverbio, anche questo di carattere meteorologico:

«Luglio scoloratto col battere male adatto»

alludente al fatto che se Luglio non ci largisce sole, il grano tarda a giungere a maturazione.

Di 79 anni, nel febbraio 1575, essendo stato il Sacco alcun tempo malato, non potè tenere la consueta contabilità e commenta con questa massima che ha tutto il sapore di un proverbio:

«Stando al letto si è speso senza scrittura
Et si è vissuto con pocca cura
Ma Dio aiuta la humana natura»

Nello stesso mese, facendo cenno di una lite clamorosa svoltasi fra i componenti di una nota famiglia pavese, conclude:

«Amore in apparenza più che in essenza»

Ed ecco ora alcuni proverbi e modi di dire prettamente pavesi tuttora correnti sulle labbra del popolo, malgrado molti di essi già si trovino riportati dal citato almanacco pavese, Il Giarlaett, del 1765.
Uno dei proverbi caratteristici del pavese è: San Giuanéi fa scorta al dom (il povero aiuta il ricco). Dato che per San Giunéi a Pavia si intende il cimitero, sembra strano che proprio l'ultima dimora della povera umanità potesse trovarsi in condizione di venire in aiuto alla Cattedrale che, almeno nel pensiero del popolo, dovrebbe essere ricchissima. Ma in realtà il proverbio vuol riferirsi alla chiesa di San Giovanni alle Vigne demolita e poi commenda dell'ordine di Malta, demolita intorno il 1872 e la cui area venne poi compresa in quella del cimitero Monumentale allorchè questo venne ampliato, donde la denominazione dell'attuale camposanto.
La commenda godeva di cospicue entrate, e questo fatto, aggiunto a quello che nella chiesa si tenevano solenni unzioni propiziatorie per ottenere indulgenze, fonte di abbondanti elemosine, contribuì a conferire a San Giovannino una aureola di agiatezza superiore alle sue necessità, in contrasto colla Cattedrale i cui lavori, non ancor oggi ultimati e di mole non indifferente, hanno sempre richiesto somme assai rilevanti. Insomma, quasi paragonando un portafogli piccolo ma ben fornito di biglietti di grosso taglio, ad un altro assai più capace ma contenente poco di che, il popolino creò il proverbio che ha anche la variante: San Giuanéi fà ciar al Dom.

Anche nel Giarlaett, alla data del 24 giugno (festa di S. Giovanni, celeste patrono dell'ordine ospitaliero e militare di San Giovanni di Gerusalemme sovrano di Rodi e di Malta) si legge: «La nascita di S. Giovanni Battista, festa con indulgenza plenaria a S. Giovan in borgh e a S. Giovanei dov ass va toeu la rosà alla mattei a bonora e a mangià i buzzel col vei bianch». (È credenza comune, non soltanto nel pavese, che l'aspergersi gli occhi con la rugiada la mattina di San Giovanni, conservi sana la vista). I buzzel, oggi detti busslan, sono ciambelloni dolci; quelle piccole che si vendono infilate a corona vengono chiamate: brasade.

«Da l dì a l fà gh è d diferensa la metà»

Questo proverbio differenzia molto dal famoso «Dal dire al fare c'è di mezzo il mare» del quale mare qualche volta e per molta gente riesce impossibile la traversata e quindi tutto ciò che è stato promesso può anche non essere mantenuto. Nel proverbio pavese la differenza fra la promessa e il mantenimento della medesima si riduce alla metà, quindi, nella peggiore delle ipotesi rimane sempre almeno il cinquanta per cento a garanzia di colui a favore del quale la promessa è stata fatta.

«Pegur e don Sa m dì da trà a mì a na cert ura mandèi a durmì»

Questo detto non richiede spiegazioni, specialmente per coloro che ad una certa ora preferiscono essere liberi da ogni impaccio muliebre, e... per i gelosi!

«Da Pasqua a S. Martéi, sü acqua e giù véi e da S. Martéi in là, sü acqua e giù mas-cià»

Doveva essere di gusti ben modesti colui che si adattava a questo sistema di rendere quasi perenne la riserva della cantina ricorrendo ad un accordo tanto perfetto fra i tini e la pompa; è ben vero che dove funziona il pozzo la fortuna è fatta tanto che l' puss ád San Patrissi è sinonimo di fonte inesauribile, ma è altrettanto vero che se resiste la quantità da1 vej e dal mas-cià, non resisterà altrettanto bene la qualità. A proposito di vino e di vinello, che in pavese viene chiamato pusca, di individuo che non irrobustisce, dicesi comunemente: l' vegna mai nè da pusca né da véì. Mentre taluni proverbi, col passare degli anni hanno mantenuto integro il loro significato: Ruinà d' ram e d' radisa (rovinato completamente); fà fura fura (fare affannosamente); insì va là valeri (alla meglio), altri hanno cambiato il significato. Andà in avuión, che anticamente significava andare per le lunghe ora significa andare perduto. Esempio: l disnà l'è ndàt in avuión.

Di qualcuno poi si è cambiata qualche parola: Süfla Baltràm, ora dicesi: Süfla mèral o anche Bufa Bigiu per dire: aspetta un bel pezzo, mentre il Sáca pradé (seccatore) è stato trasformato in Rüga pradé. Vad al diaul in t' un intpula (vedere il demonio in una ampolla) allusione al diavoletto di Cartesio significava e significa tuttora veder lucciole per lanterne o prestare fede ad una ciarlataneria così come: Vèss ura in s' un per, ura in s' un pum (saltar di palo in frasca), ha mantenuto integro il suo significato.

I proverbi, che da taluni vengono considerati come il frutto dell'esperienza dei popoli, sono da altri tenuti in conto di fole o di fandonie, che a Pavia si chiamano bàl, quando raggiungono l'inverosimile vengono senz'altro definite: Bàl da mát a l' su quand piöva (fandonie da esporre al sole in tempo di pioggia). Rubà un mèral a n barbè (fare un magro affare) vorrà forse significare che ad un barbiere il quale generalmente è ciarliero per natura, portar via il merlo che col suo zufolare può recare più molestia che piacere, è fargli favore più che danno.

Parè la bataröla dal vanardì sant (sembrare il crepitacolo del venerdì santo). Dicesi di persona ciarliera o che parli in fretta.
Andà via in t' una cassa e gní indré in t' un baül (partire in una cassa e tornare in un baule). Dicesi del tonto che non comprende mai nulla. Si usa anche dire: Andà in t' un sàch e gni indré in t' un sacát -Restà me n bèch in sal marcà (rimanere come un becco sul mercato). Rimanere inebetito come un pecorone.
Andà giù cul brentón vuol dire fare le cose all'ingrosso; Tra bulgia e magnán èn tüt dü d una màn, per dire che uno vale l'altro; Vèsagan tant pár la bulgia me pr al magnán, significa esserci dei torti in tutte le parti in contesa.

Savè no indè ca, stà la büsla dla sàl. Non avere preoccupazioni di sorta per l'economia domestica; esser furbo. Di chi, dopo di essersi servito di una determinata cosa se ne infischia, dicesi: Quand l' à fàt bügà l pensa pù a la caldéra.
Il proverbio: La roba ch gh è in t camp l'è di Diu e di Sant, erroneamente interpretata dà a taluni l'impressione che ciò che nasce nei campi, e specialmente nei boschi, sia di tutti. Quando un concerto è stonato o quando in una questione qualsiasi vi sia disaccordo completo, si dice: Ndà d acòrdi me i campan ad San Lanfranch (alludendo alla chiesa di S. Lanfranco che deve aver avuto un campanaro privo di orecchio musicale!)
I ciàciar e i candiler ad lagn ia ciàpan nanca a l mont ad pietà; vuol dire che le chiacchiere non valgono niente, come i candelieri di legno che non sarebbero accettati come pegno al Monte prestiti.
D' sira l canvàss al pàr tila (di sera ogni cosa sembra bella) corrisponde all'altro detto: «Nè dona nè tila a l ciàr ad candila».